Critiche alla proposta del Popolo della Famiglia per il reddito di maternità

reddito maternità critiche

Vi avevamo parlato del reddito di maternità, una proposta di legge presentata dal Popolo della Famiglia che prevederebbe 1000 € netti al mese per ogni figlio fino agli 8 anni d’età per una mamma che decide di smettere di lavorare. Nel caso di nascite di altri figli, il bonus si rinnova, fino a diventare un vitalizio per i figli disabili.

Per quanto la proposta possa sembrare allettante, ci sono diverse critiche che stanno emergendo, non solo tra gli economisti e giornalisti, ma anche tra le dirette interessate: le mamme.

Una donna, specialmente nel 2000, non è solo una casalinga, ma è anche una donna lavoratrice, assunta da un datore di lavoro e questo tipo di reddito viene visto da alcuni come una monetizzazione della maternità, piuttosto che un aiuto economico. Siamo pagate per stare a casa e fare figli?

In un momento in cui non vi è una stabilità lavorativa, ha davvero senso per una donna lasciare il lavoro per otto anni? Con il rischio molto elevato di non trovare poi un nuovo impiego allo scadere del reddito di maternità? Secondo alcuni sarebbe un enorme passo indietro, ad un’epoca in cui la donna era la matriarca familiare mentre il padre l’unico lavoratore.

Il reddito di maternità allontana le donne dal mondo del lavoro

La proposta del Popolo della Famiglia sottolinea la rilevanza del fattore economico nella scelta di fare un figlio e accudirlo a tempo pieno in un’epoca in cui uno stipendio non basta più, ma ignora altri aspetti legati alla condivisione del lavoro di cura da parte di entrambi i genitori, all’aspirazione femminile a una realizzazione anche extradomestica, a una visione complessiva della famiglia inserita in una struttura sociale incapace di supportarla.

Queste le parole di Carolina Pelligrini, consigliera alle Pari opportunità della Regione Lombardia in commento alla proposta del disegno di legge.

Un’altra critica mette in luce il fatto che la donna si debba accollare la maggior parte del tempo e delle energie nell’accudire i figli. Stando a casa, ma percependo comunque un reddito, la mamma avrebbe sicuramente più tempo rispetto al papà per crescere i bambini. A questo proposito si mette in discussione anche il diritto di genitorialità, non lasciando decidere alle famiglie come organizzare la propria vita domestica.

La consigliera continua affermando che:

Considerando che le donne italiane diventano mamme sempre più in ritardo (secondo gli ultimi dati Istat relativi al 2017 l’età media delle primipare è 32 anni) e che l’indennità potrà essere percepita per otto anni, va da sé che le opportunità di ingresso della donna nel mondo del lavoro allo scadere del diritto all’assegno (cioè mediamente a 40 anni) diventino pressoché nulle».

Le mamme chiedono altri aiuti

Anche le mamme non sono proprio convinte di questo disegno di legge proposto dal Popolo della Famiglia.

C’è chi ritiene che gli aiuti per le famiglie debbano essere altri, volti a far coincidere il diritto al lavoro e alla maternità, permettere un orario flessibile, una copertura maggiore in caso di malattia del bambino, un aiuto concreto per le rette di asili nido (il bonus nido non è stato rinnovato per il 2019-2020, ad esempio…), aliquote più basse per i beni di prima necessità almeno per il primo anno di vita del bambino (pensiamo a quanto spendiamo per i pannolini!), rivedere le politiche del lavoro, …. ma ci metterei anche una rivisitazione completa della maternità facoltativa, perché percepire uno stipendio al 30% è davvero uno scandalo!

 

Leggi anche: