Non sopporto più mio figlio, cosa posso fare?

Mai come nel 2020 e in questo inizio 2021 noi genitori siamo stati caricati di un impegno complicato e non è difficile sfociare nella frase “non sopporto più mio figlio”. Siamo stati chiusi in casa, chi in quarantena, chi per fortuna no, ma comunque obbligati ad una convivenza forzata, magari accompagnata anche da smart working e didattica a distanza.

Non sopportare i figli non è indice dell’essere un cattivo genitore, diciamolo. Siamo umani anche noi e non siamo macchine. Arrivare al limite della sopportazione fa un po’ parte del gioco. Se prima ci bastava uscire per “cambiare aria” e magari ritornare a casa più sereni, oggi tutto diventa più complicato e magari ci chiudiamo anche in bagno pur di avere un momento di stacco.

Le giornate sono scandite dalle grida dei bambini, dalle litigate, dalle continue call di lavoro e dalla maestra che ti manda i compiti su WhatsApp, magari anche dalle notti insonni per chi ha appena avuto un bambino… insomma, anche noi genitori dobbiamo dirlo: Basta!

Mamme che non sopportano i figli

Siamo arrivati al limite. Riuscire ad ammettere e a dire “non sopporto più mio figlio” può sembrare una disfatta, che ci siamo arresi, ma non è così. È un nuovo punto di partenza, è una nuova esperienza, spesso stancante, ma che ci permette di vedere tutto in un’altra ottica.

La frase “non sopporto più mio figlio” non è sicuramente una novità del 2020 e non è un “regalo” che ci ha lasciato la pandemia con il suo passaggio. È dalla notte dei tempi che le mamme spesso si ritrovano a dire “Non ce la faccio più” “Non ti sopporto più”. Quello che è nuovo è il contesto, è la difficoltà di evadere dalla prigione che si crea nelle mura di casa. Forse prigione può sembrare un termine molto forte, ma a volte, fidatevi, è così che ci sentiamo. Siamo sole, isolate, non possiamo fare niente. Neanche una giornata in piscina, neanche una festa con amici o parenti per svagarci.

Cosa fare quando non sopporti più tuo figlio

Non vogliamo ingigantire le cose, non vogliamo piangerci addosso. Quello di cui abbiamo bisogno è essere ascoltate, aiutate. Molte volte non vogliamo chiedere aiuto per timore di essere giudicate, e quindi accumuliamo fino a scoppiare e dire anche cose per le quali poi ci pentiamo 30 secondi dopo. In questi casi cosa fare?

C’è stato un momento, in piena pandemia, in cui ho detto “non sopporto più mio figlio”. Non sapevo come intrattenerlo, non sapevo come gestire il lavoro e la sua continua ricerca delle mie attenzioni. Gli ho detto che non lo sopportavo più, consapevole che le mie parole lo avrebbero ferito. Ho anche pianto davanti a lui che, con i suoi soli due anni e mezzo di vita, ha forse capito il mio momento di esasperazione e mi ha abbracciata. Mi sono sentita una mamma pessima. Ho pensato “come posso dire a mio figlio che non lo sopporto più?!”. Eppure quel momento di crollo emotivo e psicologico è servito per andare avanti e trovare un nuovo equilibrio. È servito a me per capire che ho dei limiti, è servito a lui per capire che doveva ridimensionare il suo comportamento.

Non c’è un segreto o una legge che vale per tutti. Ogni rapporto con i figli è diverso, troppo personale per poter dire “fate così”. Quello che posso dirvi è che io, dopo quel pianto liberatorio, sono stata meglio e sono andata avanti. Ho imparato ad accettare che, a volte, le cose vanno come devono andare. Vuoi vedere i cartoni? Ok. Non sto lì a cronometrare per quanto tempo. Vuoi mangiare stando in piedi? Va bene. Non voglio trasformare il momento del pasto in ansia per me o per te. Poi, piano piano, capirai che è più piacevole stare seduti tutti insieme a condividere il pasto. Ogni cosa a suo tempo. Il covid ci ha rubato tanto, non facciamogli prendere anche ciò che abbiamo di più forte: il legame con i nostri bambini.

 

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