In Italia il suicidio è la seconda causa di morte fra i ragazzi fra i 14 e i 19 anni, dopo gli incidenti.

Viviamo in una società orientata alla perfezione. Ai nostri figli chiediamo di essere perfetti, loro si confrontano ogni giorno con lo stereotipo del bello, del successo, della popolarità. Noi genitori trasferiamo su di loro le nostre frustrazioni, i nostri figli dovranno diventare quello che noi non siamo diventati.  È impensabile che un bambino tenti il suicidio, eppure accade. Accade che un bambino di 10 anni si butti da una finestra per porre fine ad una vita breve ma già costellata da qualcosa di insopportabile, di ingestibile.

Molto spesso a gesti tanto inspiegabili diamo come spiegazione l’essere vittima di bullismo, ed in molti casi si è trattato proprio di questo. Ma ci sono altre situazioni che possono portare un bambino a compiere un atto così estrema. Perché un bimbo dovrebbe suicidarsi? Perchè un bambino dovrebbe consapevolmente buttarsi da una finestra? A 10 anni, come a 12 o 15 anni, può essere pienamente cosciente del suo gesto? Dicono che a quell’età il concetto di morte sia già ampiamente radicato in noi.

In Italia il suicidio è la seconda causa di morte fra i ragazzi fra i 14 e i 19 anni, dopo gli incidenti. Uno studio americano conclusosi nel 2015 ci dice che sono più di 1300 i bambini fra i cinque e i dodici anni che si sono tolti la vita negli Usa dal 1998. In Giappone, il paese da sempre più esposto a simili gesti, nel 2017 duecentocinquanta bambini si sono suicidati. Gli esperti indicano le pressioni scolastiche e il bullismo come cause perlopiù scatenanti, se è vero che molti ragazzi si sono ammazzati il primo settembre, al ritorno a scuola.

Purtroppo è difficile trovare una causa e soprattutto trovare un senso al di fuori di situazioni estreme nelle quali i bambini sono vittime di abusi o vivono situazioni traumatiche e dolorose come la perdita di un genitore, l’allontanamento da casa, etc. Purtroppo non sono solo le situazioni più estreme ad indurre un bambino al suicidio. Forse l’incapacità di far fronte alle tante domande senza risposta e alle continue pressioni esterne, il dover combattere per non cedere, per costruirsi un’identità che li supporti da grandi, una struttura interna che li salvi, da subito costretti a difendersi da una società che li vuole sempre più perfetti, più adulti, un mondo che restringe ogni giorno il campo dell’infanzia e della crescita, che li vuole pre scolarizzati sempre prima, capaci di leggere e scrivere a tre anni.

I nostri bambini chiedono solo tempo: il tempo di crescere, di giocare, di piangere e fare i capricci, il tempo per vivere le mille emozioni che convivono al loro interno, il tempo per imparare a gestire tali emozioni, per costruirsi la corazza che gli servirà un domani a preservare gli spazi.

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