Imparare a programmare grazie ai videogiochi

programmare videogiochi

Che il videogioco non venga ben visto dalla cronaca non è una novità: il più delle volte viene accostato alla violenza, divenendo il capro espiatorio dei più recenti casi di cronaca nera, siano essi nazionali o internazionali.
Eppure il recente tweet di Carlo Calenda, ex Ministro dello Sviluppo Economico, porta la riflessione legata al mondo videoludico su un altro livello nel panorama italiano: i giochi elettronici renderebbero i giovani incapaci di appassionarsi alla lettura e di formare un proprio senso critico.

Una nuova accusa dunque che ovviamente non fa che sottolineare il pregiudizio di molti verso i videogiochi.

Ma forse chi la pensa così non sa quanto invece i videogiochi possano rappresentare una vera e propria fonte di apprendimento.

Tutti sanno giocare ai videogiochi, epiche avventure che trasportano giocatori di tutte le età in mondi fantastici dove realizzare i propri sogni e salvare universi da incombenti minacce: ma quanti sanno crearli da zero?

Ubisoft, IED Milano e Coderdojo hanno insegnato ai più piccoli come si programma un gioco toys-to-life in una speciale lezione nei laboratori dell’istituto europeo di design. I bambini che hanno partecipato si sono cimentati  nell’utilizzo di scratch (linguaggio di programmazione open source per creare le proprie storie interattive, giochi e animazioni) e nell’ideazione di un vero e proprio videogioco ispirato all’ultima space opera creata dagli studi di sviluppo di Ubisoft Toronto, Starlink: Battle for Atlas.

Un workshop interamente dedicato a replicare le innovative meccaniche di toys-to-life presenti nel videogioco del publisher francese, guidati dai mentor volontari di CoderDojo e affiancati dagli studenti del corso di Media Design IED Milano.
I ragazzi hanno esplorato tutte le “righe di codice” e le tecniche più interessanti per far sì che, come nel videogame Starlink, gli oggetti del mondo reale interagiscano con un videogioco. Durante il workshop è stata riprodotta la stessa identica esperienza: sono stati realizzati dei livelli di gioco nei quali è stato poi possibile interagire, anche grazie alla realtà aumentata, con oggetti fisici a tutti gli effetti, ad esempio aggiungendo un’arma per sparare dalla propria astronave. Il tutto in perfetta linea con le attività di formazione dei Dojo, i club indipendenti sparsi in tutto il mondo che compongono il movimento CoderDojo e che puntano sul gioco e sul peer learning, ovvero lo scambio e l’apprendimento tra pari.

“Programmare è più che scrivere codici, è capire come risolvere i problemi, usando la logica e la creatività! Programmare è promuovere la cultura digitale, diffondere gender equality e far emergere nuove opportunità di lavoro”. È questa la filosofia di Giacomo Cusano, Presidente di CoderDojo Milano, il primo dojo italiano attivo dal 2013, che insieme a Ubisoft e IED ha lanciato l’iniziativa dedicata ai giovani milanesi.

Ti può interessare anche: