Cos’è il PARTO ANONIMO e come funziona in Italia

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Parto anonimo o parto in anonimato, come funziona in Italia? Cosa dice la legge? Scopri anche cosa succede in caso di ripensamento.

Cos’è il parto anonimo e come funziona in Italia

In Italia, così come in altri Paesi del mondo, è possibile partorire in anonimato. La procedura di parto anonimo in Italia è garantita dalle legge, Art. 30 comma 2 D.P.R 396/00. Le garanzie sono riassumibili in:

  1. Piena assistenza alle partorienti in ospedale
  2. Possibilità di lasciare il neonato in ospedale nel più totale anonimato
  3. Certezza il bambino che sarà al sicuro finché non verrà adottato ad una famiglia.

Parto anonimo: come funziona

Una volta che la partoriente giunge in ospedale, a lei e al bambino sono riconosciute e garantite sia l’assistenza sanitaria sia la tutela giuridica.

Successivamente al parto e all’espressa volontà della donna di rimanere anonima, l’immediata segnalazione alla Procura della Repubblica presso il Tribunale per i minorenni della situazione di abbandono del neonato non riconosciuto, permette l’apertura di un procedimento di adottabilità e la sollecita individuazione di un’idonea coppia adottante.

Il Tribunale per i minorenni, ricevuta la segnalazione, provvede “immediatamente” alla dichiarazione dello stato di adottabilità “senza eseguire ulteriori accertamenti”, ai sensi dell’art.11, comma 2, della legge 184/1983 e succ. mod. , e all’inserimento del minore nella famiglia adottiva ritenuta più idonea.

Il neonato vede così garantito il diritto a crescere ed essere educato in una famiglia adottiva, assumendo lo status di figlio legittimo.

Parto anonimo leggi italiane

La donna che non riconosce e il neonato sono i due soggetti che la legge deve tutelare, intesi come persone distinte, ognuno con specifici diritti. La legge consente alla madre di non riconoscere il bambino e di lasciarlo nell’Ospedale dove è nato (DPR 396/2000, art. 30, comma 2) affinché sia assicurata l’assistenza e anche la sua tutela giuridica.

Se la madre vuole restare nell’anonimato la dichiarazione di nascita è fatta dal medico o dall’ostetrica – “La dichiarazione di nascita è resa da uno dei genitori, da un procuratore speciale, ovvero dal medico o dalla ostetrica o da altra persona che ha assistito al parto, rispettando l’eventuale volontà della madre di non essere nominata” (DPR 396/2000, art. 30, comma 1).

Con il parto anonimo il nome della madre viene tenuto segreto (per 100 anni) e sul certificato di nascita del bambino verrà apportata la dicitura: “nato da donna che non consente di essere nominata”.

Parto in anonimato minorenni: è diverso?

Se l’impossibilità al riconoscimento sia dovuta solo all’età, perché la donna non abbia ancora compiuto i 16 anni, in tal caso la procedura è sospesa d’ufficio sino al compimento del 16° anno, sempre che la madre mostri di volersi prendere cura del bambino e continui ad avere con questo un rapporto continuativo.

Parto anonimo e diritto a conoscere le proprie origini

Si è riconosciuto il diritto dell’adottato a conoscere le proprie origini.

La pronuncia è stata sollecitata da una decisione della Corte Europea dei diritti dell’uomo (caso Godelli c. Italia sentenza 25.9.2012), la quale, ha ritenuto che la legge italiana fosse troppo orientata verso la tutela della madre a discapito dei diritti del figlio, perché non consente di effettuare un bilanciamento delle diverse esigenze, e garantire ai soggetti coinvolti, il pieno rispetto del diritto alla vita privata e familiare assicurato dall’art. 8 della Convenzione europea.

Il diritto dell’adottato nato da una donna che abbia dichiarato alla nascita di non voler essere nominata – ex art. 30 comma 1 D.p.r. n. 396/2000 – di accedere alle informazioni riguardanti la propria origine e l’identità della madre biologica, può essere concretamente esercitato anche se la stessa sia morta e non sia possibile procedere alla verifica della perdurante attualità della scelta di conservare il segreto.

Abbandono neonato in ospedale diritti del padre: quali sono

La posizione del padre biologico non viene invece presa in considerazione. In caso di parto anonimo, la donna tiene, quindi, celate le circostanze del parto, pertanto è di fatto compromessa la facoltà del padre biologico di riconoscere il figlio come proprio. Il padre non può neppure effettuare il cosiddetto “riconoscimento in ventre” perché incompatibile con la decisione dell’abbandono in anonimato.

Parto in anonimato ripensamento: cosa succede

Se la donna non vuole più il parto anonimo, prima che sia partita la denuncia di nascita da parte dell’ospedale, la sua precedente richiesta le verrà restituita in busta chiusa.

Il tutto verrà comunicato al Tribunale dei Minori che procederà a convalidare il riconoscimento.

Se invece la donna cambia idea dopo la denuncia di nascita effettuata dall’ospedale, dovrà rivolgersi al Tribunale dei Minori e poi al Comune di residenza per effettuare il riconoscimento.

Se, tuttavia, la madre non può riconoscere il figlio per particolari motivi di carattere temporaneo, potrà chiedere al Tribunale per i Minorenni la sospensione della procedura per la adozione.

Tale sospensione, tuttavia, può essere consentita per un periodo massimo di due mesi, nel quali, però, la donna deve continuare a frequentare il proprio figlio con continuità.

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