I bambini cresciuti dalla tata soffrono?

Dopo le critiche alla mamma influencer Chiara Ferragni, ci chiediamo se i bambini cresciuti dalla tata soffrano della mancanza del genitore.

I bambini cresciuti dalla tata soffrono?

Per una mamma che lavora avere un aiuto nella gestione e nella cura dei propri figli è indispensabile. Quando non si può contare sulla disponibilità di nonni che accorrono a viziare il nipotino, la scelta ricade sempre su una tata che possa occuparsi del piccolo quando i genitori non ci sono. Lo sanno bene anche le tanto seguite mamme vip che non fanno mistero del grande supporto alla routine famigliare che svolgono le loro super professionali bambinaie. Tra queste anche l’influencer da 16 milioni di follower Chiara Ferragni che recentemente ha pubblicato un video del figlio Leone mentre piangeva perché non voleva scendere dall’altalena: fin qui andrebbe tutto bene, ma il popolo del web si è infuriato quando ha capito che a riprendere il bambino non era la sua patinata mamma, bensì la tata.

Nonostante il sorriso di Leone catturato dalla telecamera abbia conquistato 4.730.209 di visualizzazioni su Instagram, sono volate accuse pesanti sulla capacità di Chiara Ferragni di essere madre, al punto che alcuni hanno scritto che la vera mamma del bambino fosse appunto la Tata. La nota influencer, come è nel suo stile, non si è lasciata andare ad eccessive polemiche, ribadendo unicamente che non si sente affatto meno madre perché si lascia aiutare dalla tata o dai nonni a crescere suo figlio. Partendo da questo risonante fatto di cronaca ci siamo chiesti se sia vero che i bambini cresciuti dalla tata soffrono. Sebbene le mamme puriste siano pronte a muoversi all’attacco di qualsiasi delega del compito di madri, è pur sempre vero che un aiuto non fa mai male e che anzi, per le donne lavoratrici si tratta di una vera e propria manna dal cielo.

Asilo nido, nonni o tata, a chi lasciare i bambini

Qualsiasi mamma vorrebbe dedicarsi anima e corpo alla crescita del proprio figlio. Non perdersi nemmeno un momento della sua giornata, essere il suo unico punto di riferimento. Non a tutte è possibile: per obbligo, necessità o semplice volontà di non rinunciare alla propria routine di donna lavoratrice, sono molte le mamme che passato il periodo  di congedo tornano a lavoro. Come pensare dunque al bambino? A chi affidarlo? La prima scelta ricade sempre sui nonni, pronti a prendersi cura del nipote senza le preoccupazioni che li avevano visti crescerti come genitori. Parleremo forse per luoghi comuni, ma in fondo c’è un piccolo di verità: lasciare un bambino con i nonni vuol dire permettergli di passare un pomeriggio in balia dei vizi. I nonni infatti lo accontenteranno per il 90% dei casi, coccolandolo a più non posso.

È ovvio che affidarti ai nonni per la cura di tuo figlio ti faccia stare più tranquilla. Non ci sono troppi problemi di ambientamento e hai la certezza che il bambino sarà amato come a casa. Tuttavia i problemi possono nascere se e quando l’idea educativa tra te e i tuoi genitori/suoceri non coincide. A questo punto il bambino potrebbe essere messo in confusione perché riconosce due autorità genitoriali che non viaggiano sullo stesso binario. Quando poi il cedere ai vizi diventa prassi consolidata, potrebbe accadere che tu faccia più fatica a importi contro coloro che tuo figlio vede come dei veri e propri benefattori, mentre tu sarai relegata al ruolo di strega cattiva che non lo lascia libero di giocare.

Qual è l’alternativa? Molte ricorrono all’asilo nido, un ambiente di confronto con altri bambini più o meno coetanei e l’autorità esterna di maestre e pedagogiste competenti. Sicuramente a scuola il bambino avrà l’occasione di sperimentare il mondo fuori da casa, con stimoli che da solo a casa non avrebbe. Ma c’è una variabile che in molti considerano di peso nella scelta o meno dell’asilo nido. Il rischio di malattie e raffreddori. Tutte noi sappiamo che un ambiente come quello scolastico mette il bambino a confronto per la prima volta con microbi estranei alla sterilità domestica e quindi il pericolo influenza perenne incombe dietro l’angolo. Altro problema da menzionare è poi quello dell’ambientamento. Soprattutto per i più piccoli lasciarsi andare in un ambiente estraneo è difficile e quindi richiedono un’attenzione particolare da parte delle maestre.

Veniamo all’ultima opzione, che di fatto ha aperto il nostro articolo. La tata, bambinaia o baby sitter che dir si voglia. Molte mamme fanno ricorso a un aiuto di questo tipo, che si tratti di figura referenziate ed esperte, o di persone di fiducia a cui affidare il proprio figlio. Ovviamente si tratta di una scelta che incide non poco sull’economia famigliare: stipulare una tariffa per la cura di un figlio può essere un lusso che non tutte possono permettersi. È vero che la tata entra in gioco in modo fondamentale nella vita di quelle mamme che, rifiutando la possibilità di un asilo nido e non contando sull’aiuto in famiglia dei nonni, decidono che è meglio garantire al bambino una cura mirata e specifica. Non c’è nulla di male nel varare tutte le opzioni in gioco e nessuna di quelle presentate mira a screditare l’importanza data alla crescita del proprio figlio. Si tratta sempre di creare, in qualsiasi caso, un rapporto di assoluta fiducia e reciprocità educativa con chiunque venisse delegato a prendersi cura del tuo bambino.

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