Morte per annegamento quello che si deve sapere

morte per annegamento

Come si può evitare una morte per annegamento? Quali sono le precauzioni da prendere per evitare che certi incidenti possano accadere?

Sono sempre di più i casi di annegamento che smuovono l’opinione pubblica da diversi punti di vista: chi punta il dito contro i familiari cha lasciano i bimbi soli per alcuni minuti a bordo piscina o al mare, chi contro il parco divertimenti o il bagnino che non ha fornito la dovuta sorveglianza. In questo caso ci sono diverse responsabilità che andranno accertate ma è bene non commentare con il solito “a me non può succedere”, perché purtroppo bastano pochi minuti per annegare o subire dei danni permanenti. A quante di noi è capitato di perdere di vista per un attimo il nostro bambino, magari in un parco giochi dove è presente un laghetto o una fontana…non è necessario trovarsi in piscina per annegare. Si può annegare anche nella vasca da bagno.

Ma come si può evitare una morte per annegamento, quali sono le precauzioni da prendere per evitare che certi incidenti possano accadere?

Ecco alcune informazioni fondamentali che ogni genitore dovrebbe tenere a mente:

1 Le recinzioni e/o barriere sono fondamentali 

L’American Academy of Pediatrics ha aggiornato le direttive sulla prevenzione della morte per annegamento, sottolineando quanto sia importante accertarsi che ci siano diverse barriere tra i bambini e l’acqua – soprattutto perché circa il 70% dei bambini sotto i cinque anni deceduti per annegamento non avrebbero dovuto trovarsi vicino all’acqua in quel preciso momento. I proprietari di piscine sono tenuti a installare recinzioni su tutti i lati, raccomanda la AAP, con un cancello a chiusura automatica che isoli totalmente la piscina da casa e giardino.

Le piscine private che non prevedono la presenza di un bagnino dovrebbero avere delle barriere o comunque essere posizionate in luoghi con un accesso controllato.

2. I bambini dovrebbero iniziare a prendere lezioni di nuoto da neonati

Esistono prove evidenti che le lezioni di nuoto contribuiscono a ridurre il rischio di annegamento, persino per i bambini tra uno e quattro anni. Fin da neonati i bambini dovrebbero frequentare dei corsi di acquaticità proprio per prendere confidenza con l’acqua e imparare a galleggiare. Le lezioni di nuoto non proteggeranno del tutto un bambino, soprattutto se molto piccolo. Ma sono comunque un’importante misura di protezione, secondo gli esperti.

3. Non bisogna mai lasciare un bambino in acqua non sorvegliato

Purtroppo basta un attimo di disattenzione. Ci vogliono pochi minuti per annegare o per subire un danno irreversibile. I genitori devono impegnarsi attivamente nel controllo dei propri figli. Se il bambino ha appena iniziato a nuotare, è importante restare a distanza ravvicinata. Non possiamo fidarci degli altri, anche se si tratta di una struttura controllata da personale di sicurezza. In piscina dobbiamo essere noi a tutelare i nostri figli. Il contatto visivo è fondamentale.

4. La morte per annegamento non fa rumore

La morte per annegamento è molto più silenziosa, dal momento che spesso la persona che sta affogando non ha fiato per chiedere aiuto o fare altri rumori. Un bambino a maggior ragione, in questo caso entra in gioco anche la non consapevolezza di quello che gli sta accadendo. Un bambino che annega la maggior parte delle volte lo fa in silenzio.

5. I braccioli  o il salvagente non sono sicuri

I braccioli o il salvagente non sono sicuri. Il salvagente può ribaltarsi e diventare un ulteriore impedimento per il bambino nel cercare di risollevarsi.  I braccioli possono sgonfiarsi e quindi non essere in grado di sorreggere il bambino e dargli il giusto supporto al galleggiamento.

Annegamento secondario: sintomi

Anche dopo una brevissima permanenza sott’acqua, anche quando apparentemente non si è ingerita una grande quantità di liquido, è possibile che dei residui liquidi penetrino le vie respiratorie (si parla di inalazioni anche di modiche quantità d’acqua), ciò è l’origine e la causa dell’ annegamento secondario.

Una percentuale minima di bambini può presentare sintomi “ritardati” da annegamento: sembra stiano bene ma poi iniziano a mostrare i segnali tipici della presenza di acqua nei polmoni, quali letargia, tosse convulsa e dolori al petto. Anche se spesso i media adottano termini come annegamento “secondario” o “postumo”.

L’acqua che permanga nei polmoni dopo un rischio annegamento può provocare un’ edema polmonare e\o un’infiammazione polmonare a seguito del danneggiamento del rivestimento del polmone. Un polmone infiammato non riesce a trasmettere correttamente l’ossigeno all’organismo, per di più una conseguenza dell’infiammazione è la creazione di secrezioni e fluidi all’interno dell’alveo polmonare. Detti fluidi aumentano e si accumulano col passare delle ore e sono la causa di un annegamento asciutto, ovvero di un’asfissia che avviene fuori dall’acqua.

Le conseguenze e i sintomi dell’annegamento secondario possono svilupparsi anche 72 ore dopo il rischio annegamento. E pertanto lo stato di salute di chi ha rischiato di annegare va monitorato sino a 3 giorni dopo l’incidente in mare o in piscina.

  • Tosse,
  • vomito,
  • forte apatia,
  • sonnolenza,
  • stati di confusione