Giocare ad Animal Crossing fa bene alla salute mentale

animal crossing

Uno studio dimostrerebbe come giocare ad alcuni videogiochi farebbe bene alla salute mentale! È quanto riscontrato da uno studio di ricercatori dell’Università di Oxford, che ha rilevato una correlazione tra il tempo passato a giocare e sensazioni di benessere. Giocatori che nelle due settimane precedenti avevano giocato a lungo hanno riportato una più spiccata esperienza di benessere, in linea anche con alcuni pregressi studi che hanno indicato i benefici dei videogame in quanto attività piacevole che dà un contributo alla salute mentale.

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L’ipotesi dei ricercatori è che la ricerca si era finora basata sui comportamenti di gioco autoriferiti, mentre il metodo è stato qui cambiato usando la telemetria in collaborazione con gli stessi produttori dei giochi, quindi intervistando i giocatori di Animal Crossing e Plants vs Zombies per interrogarli sulle loro sensazioni, motivazioni e soddisfazione; incrociando poi le risposte appunto con la telemetria (che si usa in vari campi, per esempio in F1) ovvero coi dati misurabili registrati durante il gioco. Lo studio di Oxford è il primo ad aver utilizzato la telemetria registrando dati di oltre 3000 giocatori, tutti al di sopra dei 18 anni.

Lo studio ha monitorato i giocatori per due settimane, quanto tempo hanno giocato, i livelli del gioco che hanno completato, se giocavano online e in gruppo, fra le altre cose. Alla fine è stato chiesto ai partecipanti di descrivere le loro reazioni e hanno riferito di aver sperimentato «molta libertà», senso di competenza, euforia, di aver trovato appaganti le relazioni formate durante il gioco e di aver provato gioia durante il gioco.

La conclusione dei ricercatori è che «contrariamente ai molti timori che un tempo eccessivo di gioco conduca alla dipendenza o poca salute mentale, abbiamo riscontrato una piccola relazione positiva tra gioco e benessere». Seppure il gioco «può correlarsi positivamente con la salute mentale» si sottolinea comunque che non si dà una risposta definitiva alla questione se il gioco faccia bene o male a un singolo, ma piuttosto il successo del metodo nel misurare il comportamento «oggettivo» nel gioco e la relazione con lo stato mentale dei giocatori